Andrea Battista: 10 lezioni da uno dei CEO più lucidi del mondo assicurativo italiano
277 milioni di motivi per ascoltare Andrea Battista
Cosa ho imparato parlando con uno dei manager più sottovalutati (e reali) del mondo assicurativo
Quando ho deciso di intervistare Andrea Battista, sapevo che sarebbe stata una conversazione fuori dal comune.
E non solo perché parliamo di un uomo che ha portato Net Insurance a raccogliere 277 milioni di premi nel 2024.
Ma perché Battista non ha il profilo da showman.
Non lo trovi a vendere corsi, non fa giri di palco, non posta su LinkedIn frasi alla Simon Sinek con la sua faccia in bianco e nero.
Lui fa. Gestisce. Costruisce. E quando sbaglia — come racconta senza filtri — ci mette la faccia.
Proprio per questo, l’intervista che ne è uscita è tra le più dense e vere che abbia mai pubblicato.
E qui sotto, te la riassumo.
Skin in the game, davvero
Uno dei primi temi che è venuto fuori è il sistema di incentivi che Battista ha costruito a Net Insurance.
Altro che “bonus ai manager”.
Parliamo di una struttura in cui chi guida deve investire direttamente nell’azienda. Mettere soldi veri.
Solo così hai diritto a partecipare alle decisioni strategiche.
“La prima linea non la guadagni con la carriera. Te la guadagni con la pelle.”
Parole sue.
Ed è una frase che sintetizza bene l’idea di leadership che porta avanti: il capo non prende per primo, prende per ultimo.
Una cultura aziendale dove non vince chi parla meglio, ma chi si prende più responsabilità.
Quando il pitch diventa leva (vera) di valore
C’è stato un momento dell’intervista che mi è rimasto addosso.
Andrea racconta di quando stava presentando il piano industriale davanti agli investitori.
Mentre parlava, il prezzo della valutazione saliva.
Sì, davvero.
Non perché qualcuno truccava i numeri, ma perché quello che stava dicendo era solido, credibile, vivo.
Non c’erano PowerPoint con effetti. Solo lui, il progetto e una visione raccontata con una convinzione che contagia.
“Se sei convinto, diventi convincente.”
Ecco.
Lì ho capito che il vero pitch non è quello scritto meglio, è quello sentito più a fondo da chi lo dice.
“Non ho inventato niente”
Ad un certo punto gli ho chiesto:
“Ma l’idea per Net Insurance… com’è nata?”
E lui, con l’umiltà spiazzante che lo contraddistingue, mi fa:
“Non ho inventato nulla. Ho unito cose che c’erano già.”
Parlava del modello di protezione multispecialistica applicata alla bancassicurazione, ma il concetto è più grande.
Fare impresa — per lui — non significa avere l’idea geniale sotto la doccia.
Significa vedere collegamenti che gli altri non vedono, e portarli nel mondo con disciplina.
È un modo raro di guardare al business oggi. E proprio per questo, prezioso.
Due quotazioni. Una sola visione
Sai quante aziende italiane riescono a quotarsi in Borsa una volta?
Poche.
Net Insurance l’ha fatto due volte:
prima attraverso una SPAC
poi sul mercato STAR
Ma Andrea lo dice chiaramente:
“Quella sul mercato è stata la vera quotazione.”
E racconta la cerimonia in Borsa con un rispetto quasi religioso.
“Ha qualcosa di laicamente sacro.”
Per lui, la Borsa non è solo finanza. È un patto fiduciario con chi mette soldi veri sulla tua visione.
E questo lo obbliga a un’etica che molti si sono dimenticati.
La frode. E la responsabilità di raccontarla
Questo è stato il momento più duro.
Battista racconta — senza girarci intorno — della frode interna da 26 milioni che ha colpito Net Insurance.
E lo fa così:
“Ho comprato un’azienda che valeva cinque. L’ho pagata venticinque.
Tecnicamente non è stato un errore. Ma nella sostanza, sì.”
Poteva dare la colpa a qualcun altro. Poteva glissare.
Invece l’ha messo nel libro. Ne ha parlato. Lo ha condiviso.
Perché, dice, gli errori non vanno nascosti. Vanno trasformati.
E se li racconti, magari qualcun altro si salva dallo stesso errore.
Insurtech, AI e relazioni umane
Poi arriviamo al futuro. L’intelligenza artificiale, le piattaforme, il digitale che sembra voler sostituire tutto.
Andrea non ha paura. Ma non è nemmeno uno che idolatra l’AI.
“L’intermediazione umana resta centrale. Ma deve evolversi.”
Per lui, la tecnologia non sostituisce il consulente.
Lo obbliga a diventare migliore.
A smettere di “vendere per vendere”, e iniziare a costruire valore vero, relazioni vere, consulenza vera.
La scatola nera, prima di tutti
C’è un passaggio che forse passerà inosservato, ma che per me dice tanto.
Battista racconta che Net Insurance è stata la prima compagnia italiana a introdurre la scatola nera nelle polizze auto.
Un’innovazione che oggi è lo standard del mercato.
Ma la cosa interessante è che non lo dice con vanto. Lo dice come fosse normale.
Per lui, innovare non significa gridarlo.
Significa ascoltare i segnali deboli, muoversi prima degli altri, costruire una soluzione che funziona.
Punto.
Bancassicurazione e trasparenza
Altro tema delicato: le polizze abbinate ai mutui.
Quelle che ti rifilano in banca con una firma e un sorriso.
Andrea non fa crociate. Ma è lucido:
“Il problema non è il prodotto. È come viene proposto.”
Servono trasparenza, cultura e libertà di scelta.
Perché se vendi male un buon prodotto, fai danni. E danneggi l’intero settore.
Cultura aziendale, branding e reputazione
Nel finale, parliamo di comunicazione.
Ma non quella da slogan.
Parliamo di come Net Insurance abbia:
ottenuto la certificazione Great Place to Work
sponsorizzato gli arbitri AIA
costruito una cultura interna fatta di coerenza, e non solo di numeri
“La comunicazione non è un accessorio. È leva di fiducia, motivazione e attrazione del capitale umano.”
E no, non è un discorso “marketing”.
È strategia di lungo periodo. Quella che costruisce aziende che durano.
Cosa mi porto a casa (e cosa dovresti farci tu)
L’intervista con Andrea Battista è stata diversa da tutte le altre.
Perché non è costruita per piacere.
È costruita per trasmettere ciò che ha funzionato davvero in un contesto complesso, dove i soldi erano veri, i problemi erano veri, e le scelte… pesavano.
Se lavori nel mondo assicurativo, nella consulenza, nella finanza o anche solo vuoi guidare un’impresa con lucidità, guardala.
Poi chiediti:
Sto mettendo la mia pelle nel gioco?
So davvero spiegare ciò che faccio in modo che valga di più mentre parlo?
Sono pronto a raccontare anche i miei errori, per renderli patrimonio utile?
Se la risposta è “non ancora”, allora Exit Strategy (il suo libro) e questa intervista sono un ottimo punto da cui partire.